sabato 17 marzo 2018

Raffaele Vescera

Aldo Moro, Mussolini, i Savoia, Mattei, De Mauro, Pasolini. Il Petrolio, e una lunga scia di sangue e misteri. In Basilicata, cinque anni fa un giovane ingegnere piemontese, Gianluca Griffa, dipendente della compagnia petrolifera a sei zampe, proprietaria di numerosi pozzi estrattivi, ha denunciato ai dirigenti e ai carabinieri la perdita dai depositi di rifiuti petroliferi inquinanti per il terreno e le acque. Richiamato a Milano dalla compagnia, fu sollevato dal servizio e invitato a tacere. Lui, persona perbene, non si spiegava tale comportamento. Un mese dopo, uscendo di casa è stato trovato impiccato a un albero vicino al suo paese, in Piemonte. Si è parlato di suicidio, ma il recente ritrovamento di una sua lettera, con l’invito a consegnarla ai carabinieri ove gli fosse capitato qualcosa, lascia molti dubbi in proposito, anche perché il referto dell’autopsia non è stato consegnato alla famiglia. Ancora, è notizia recente della morte del generale della forestale Guido Conti, abruzzese, che, appena andato in pensione, era stato assunto dalla Total come addetto alla sicurezza in Basilicata. Il generale, uomo retto e rispettoso della natura, presa casa a Potenza, apprese le devastazioni ambientali commesse nello smaltimento dei rifiuti petroliferi e altre sconcezze. Se ne lamentò con l’amministratore delegato, un francese, manifestandogli le proprie preoccupazioni e chiedendogli investimenti per preservare l’ambiente. Al diniego del dirigente, si licenziò, dopo appena quindici giorni dall’assunzione. Tornato nella sua Sulmona, fu trovato morto nell’auto aziendale ancora in suo possesso, ucciso da un colpo di pistola alla tempia. Suicidio è la versione ufficiale, cui credono in pochi. Una geologa lucana, Albina Colella, docente all’Università di Potenza, indaga sul preoccupante inquinamento della diga del Pertusillo, in Val D’Agri, zona di massima concentrazione di pozzi petroliferi. Le analisi dicono che l’acqua di quella diga è inquinata da scarti estrattivi. La combattente ambientalista denuncia il pericolo per la salute di milioni di cittadini pugliesi e lucani. Tutti s’aspettano l’imminente inchiesta a carico delle compagnie petrolifere che operano in zona. Tuttavia, la magistratura potentina istruisce, a carico di Albina, un processo per malversazione di fondi europei destinati alla ricerca in quelle acque e per uso improprio di un “gommone” destinato alle escursioni scientifiche nel lago. Nel 2015, la prof. è stata condannata in primo grado alla pena di nove anni di carcere. Gli avvocati della geologa hanno chiesto la ricusazione del giudice che ha emesso la sentenza per manifesta inosservanza della procedura processuale. Nel 2017, il Tribunale di Roma dà infine ragione ad Albina Colella nella causa per diffamazione intentatale dall'Eni che chiedeva alla studiosa lucana 5 milioni di Euro di risarcimento per danni d'immagine. Prima ancora di lei, il tenente della polizia ambientale Giuseppe Di Bello, anch’egli responsabile di aver divulgato i risultati dell’avvelenamento delle acque del Pertusillo, è stato processato e condannato a otto mesi di prigione, “per aver creato allarme sociale ed aver condotto indagini non richieste”. Di seguito alla condanna, di primo e secondo grado, è stato destituito dal corpo di polizia ambientale e destinato a fare il guardiano di un museo. La Cassazione nel 2015 gli ha dato infine ragione, ma il potere politico lucano continua a farlo marcire nel museo senza ancora restituirgli grado e dignità. Misteri lucani. Le storie legate al petrolio sono state sempre dense di affascinanti misteri, tali da indurre scrittori e registi a farne libri e film, dai numerosi saggi storici al romanzo incompiuto di Pasolini, “Petrolio” a “Il caso Mattei” un film del 1972, diretto da Francesco Rosi, al film di Florestano Vancini del 1973, sul delitto Matteotti, con Vittorio De Sica nella parte del giudice Mauro Del Giudice. Il 16 agosto del 1924, venne ritrovato a Roma il corpo del deputato socialista Giacomo Matteotti. Si stava occupando dello scandalo Sinclair Oil riguardante il governo fascista. Gli inglesi sostengono che la compagnia petrolifera americana avesse versato una tangente di trenta milioni di lire, corrispondenti all’incirca a trenta milioni di euro oggi, al fratello di Benito Mussolini, Arnaldo, direttore del Popolo d’Italia, per garantirsi la concessione petrolifera sul suolo italiano in esclusiva e a costo zero. Altre voci parlano del coinvolgimento nello scandalo dello stesso re Vittorio Emanuele. A uccidere Matteotti, appena tornato da Londra e Parigi con una borsa di documenti compromettenti, è stata una squadra fascista. Il giorno dopo Matteotti avrebbe denunciato in parlamento lo scandalo. Le indagini condotte dall’inflessibile giudice garganico, Mauro Del Giudice, stanno per arrivare a un passo dalla verità. Con l’incriminazione delle più alte cariche del regime. Del Giudice viene rimosso e perseguitato, la squadra di assassini giudicata in un processo burla. La documentazione in proposito è vastissima. Passa il fascismo e passa la guerra, il ceto politico uscito dalla Resistenza pare migliore, tra questi c’è Enrico Mattei che diventa presidente dell’Eni. La sua politica nei confronti dei paesi arabi produttori di petrolio è più equa di quella americana. Egli non punta a un rapporto coloniale di sfruttamento e concede royalty più alte. il 27 ottobre del 1962, l’aereo leggero decollato da Catania e diretto verso in Nordafrica, su cui viaggiava il presidente dell’Eni cade. Mattei muore. E’ opinione comune che si sia trattato di un attentato. A succedergli come presidente dell’Eni è Eugenio Cefis, implicato in alcuni grossi scandali e ritenuto uno dei fondatori della loggia massonica deviata P2, nuova padrona del Belpaese. 16 settembre del 1970, il giornalista foggiano Mauro De Mauro, fratello maggiore del noto italianista Tullio, viene rapito e ucciso da un commando mafioso a Palermo. Stava indagando sugli ultimi giorni di Mattei in Sicilia. Aveva ricevuto l’incarico di scrivere la sceneggiatura di un film sulla morte di Mattei dal regista Franco Rosi. In passato ha lavorato con i servizi segreti militari, sa come muoversi. Scrive la sceneggiatura e la sigilla in una busta gialla. In quella busta è contenuta la verità, Mattei non fu ucciso a causa di un incidente, ma da una piccola carica esplosiva piazzata sull’aereo che lo trasportava. De Mauro scomparve sotto casa. La figlia Franca vide il padre rientrare nella sua auto con tre sconosciuti. “Amuninni”, andiamo, gli ordinò uno di loro, e De Mauro sparì nel nulla, come Matteotti. Passano solo cinque anni, nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1975, lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini viene ucciso da un balordo. Stava scrivendo il romanzo “Petrolio” in cui narrava le vicende di Mattei, Cefis e De Mauro. Nessuno crederà mai che il gracile ragazzo di borgata Pino Pelosi possa aver aggredito, sopraffatto e assassinato, da solo e senz’armi l’atletico Pasolini. Il giudice Carlo Alfredo Moro, fratello del politico Aldo Moro, concluse che Pelosi aveva ucciso lo scrittore insieme ad altre persone ignote. Dal manoscritto del romanzo di Pasolini, risulta scomparso il capitolo più compromettente. In seguito il “bibliofilo” Marcello Dell’Utri, braccio destro del piduista Berlusconi e fondatore di forza Italia, condannato per concorso in associazione mafiosa, rivendica il possesso di quel capitolo. Ed è proprio il politico pugliese democristiano Aldo Moro, presidente del consiglio ad essere rapito e ucciso dalle brigate rosse tre anni dopo il 16 marzo 1978. I capi palestinesi, con i quali Moro era in buoni rapporti, diranno che a volerlo morto furono gli americani, la famiglia di Moro fece il nome di un segretario di Stato Usa. Ancora una volta, pare che ci fosse di mezzo la politica petrolifera italiana verso i paesi arabi, concorrenziale a quella americana, insieme al rifiuto americano del “compromesso storico” con il Partito comunista perseguito da Moro. Di queste storie potete trovare ampi riscontri nel libro “il golpe inglese”, di Giovanni Fasanella e Josè Cereghino, “Il Sud Puzza” di Pino Aprile e altre pubblicazioni. di Raffaele Vescera

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Proprio quando il soffione esplode in mille pezzetti e sembra morire, il pappo vola lontano a fecondare nuova vita.

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